Intervento di Maria Cecilia Guerra al Convegno su Servizi educativi per la prima infanzia tra compatibilità e buona educazione organizzato a Rimini il 3 ottobre 2014 dal Comune di Rimini, il Dipartimento di scienza dell’Educazione dell’Università di Bologna e il Ceis-Centro Educativo Italo Svizzero
La crisi economica rischia di mettere in dubbio la possibilità di investire non solo sulla qualità ma anche sulla quantità dei servizi educativi, specialmente quelli rivolti alla prima infanzia.
Si tratta di una lettura miope. Basti pensare agli asili nido: investire in asili nido significa investire nella formazione del capitale umano, significa sostenere le politiche di conciliazione favorendo occupazione femminile anche perché si tratta di servizi ad alta intensità di manodopera, significa favorire l’inclusione sociale, agevolare l’integrazione dei bambini immigrati, significa educare sin da piccoli a conoscere e valorizzare le diversità.
Tutto ciò ha ricadute positive per la società, non solo in termini di crescita economica ma anche di riduzione dei costi futuri (per assistere persone di cui non si è favorita l’autonomia, per spese di sicurezza per contenere le tensione sociali rispetto alle quali non si è fatta prevenzione) e contribuisce al benessere delle persone, che, non coincide solo con il Pil, ma riguarda anche la qualità della vita e la realizzazione dei diritti di cittadinanza.
Le politiche di sostegno degli asili nido languono, dopo il piano Bindi nell’ultimo governo Prodi e l’investimento straordinario al sud del governo Monti (che ancora non ha dato compiutamente i suoi effetti) e vi è il rischio che i fabbisogni standard, appena costruiti, siano utilizzati non già per evidenziare la necessità di un percorso di realizzazione dei livelli essenziali delle prestazioni, ma per giustificare nuovi tagli agli enti decentrati.
Nella delega lavoro, oltre che nelle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, il tema degli asili nido è posto con forza. Sarà importante garantirne l’attuazione.
Nel frattempo, le conoscenze acquisite sui costi del servizio, devono essere utilizzate per capire quali sono le vie per potere raggiungere standard di erogazione più efficienti, senza compromettere la qualità e senza scaricare gli oneri di aggiustamento solo sul costo del personale.
Anche in termini di tariffazione, le novità del nuovo Isee, aiuteranno a meglio graduare ciò che si richiede alle famiglie, grazie anche all’istituzione del cosiddetto Isee corrente, che permetterà di seguire più tempestivamente la variazioni nelle capacità reddituali delle famiglie.
Un rischio da evitare è limitare l’accesso al servizio ai soli “poveri”. La esclusione del ceto medio infatti aprire ebbe la strada a un welfare residuale, con la rinuncia collettiva a investire su questi servizi che svolgono invece una funzione irrinunciabile per la società nel suo complesso,
Queste politiche devono essere sostenute, ridefinendo le priorità e senza rinunciare a politiche redistributive
Ascolta l’intervento di Maria Cecilia Guerra